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18 Gennaio 2005 - Nevicata dallo stile "alpino" 

 
- PRIMA PARTE -      
 
Tre giorni di nebbia persistente portano le temperature massime a livelli piuttosto bassi, preparando alla perfezione il palcoscenico lecchese per una spettacolare nevicata dai fiocchi insolitamente "asciutti".
 
 Analisi sinottica* 
*Questa parte presenta aspetti piuttosto tecnici e potrebbe risultare di difficile   comprensione ai "meno esperti" di meteorologia. E' possibile saltare direttamente alla   lettura della SECONDA PARTE senza compromettere la comprensibilità del reportage.
 

L'anno 2005, in quanto a prospettive nevose, non sembrava affatto promettere nulla di buono. Nelle prime due settimane di gennaio il lecchese aveva collezionato una serie di giornate particolarmente miti: tempo stabile e secco, temperature massime spesso oltre i 10°C, assenza totale di precipitazioni. Tutto ciò grazie alla prepotente distensione sull'Europa occidentale dell'anticiclone atlantico, figura barica che ha influenzato spesso (troppo spesso!) i nostri inverni più recenti.
Intorno al 14-15 gennaio un'irruzione d'aria polare marittima sui Balcani ha progressivamente inserito nella Pianura Padana aria più fredda negli strati medi, contribuendo in modo non trascurabile a limitare l'aumento termico provocato dai fenomeni di subsidenza tipici di un regime anticiclonico. Tali fenomeni, tuttavia, risultavano già abbastanza deboli: il massimo riscaldamento in quota era localizzato a Sud della Penisola Iberica, relegando il Nord Italia ai margini orientali della "azione "mitigatrice". La mappa che segue riassume quanto appena descritto, presentando l'analisi della temperatura e dei geopotenziali al livello di 850 hPa (circa 1500 metri) per il giorno 16 gennaio alle ore 00Z:

Mappa di rianalisi GFS per le ore 00Z del 17 gennaio 2005
Mappa di rianalisi GFS per le ore 00Z del 16 gennaio 2005: anticiclone in rimonta sulla Penisola Iberica e discesa di aria artica sui Balcani. Notare come l'Italia venga a trovarsi ai margini dell'azione di entrambe le figure. Fonte: Wetterzentrale

Come accade di consueto in un regime anticiclonico, il ristagno nei bassi strati di aria umida che traspira dal terreno, nonché il raffreddamento notturno del suolo dovuto alla perdita di calore per irraggiamento, hanno contribuito alla formazione di un discreto "cuscino" di nebbia. Dal suolo sino alla quota di circa 5-600 metri s.l.m. ha preso quindi consistenza uno strato d'aria fredda, con temperatura generalmente sotto lo zero per tutto il suo spessore. Più in alto, "sbucando" dalla nebbia, ecco comparire l'aria "calda" e secca, frutto dell'azione di compressione anticiclonica (subsidenza): si tratta di una situazione di marcata "inversione termica", fenomeno caratteristico dei mesi invernali.
E' importante sottolineare come la persistenza delle nebbie anche nella zona centro-settentrionale della Provincia di Lecco (fatto piuttosto raro) sia stata favorita dalla pressoché totale assenza di brezze da Nord, probabilmente inibite dalla particolare configurazione descritta prima. Nei giorni 14 e 17 gennaio la nostra stazione di Lecco centro ha registrato una velocità media del vento di soli 1.3 e 1.4 Km/h con direzione prevalente Sud, valori estremamente al di sotto della media.
Il seguente radiosondaggio, effettuato a Milano Linate il giorno 17 gennaio alle ore 12Z, chiarisce bene la situazione:

Radiosondaggio di Milano Linate del 17 gennaio 2005, ore 12Z

Radiosondaggio di Milano Linate del 17 gennaio 2005, ore 12Z: si nota lo strato di nebbia sino alla quota di circa 650 metri s.l.m. con una temperatura minima di -3.3°C a 617m. A quote superiori, invece, aria più calda ma molto secca: troviamo ben 4°C a 1500 metri! Fonte: University of wyoming


Domanda: com'è possibile che questa colonna d'aria, caratterizzata da temperature apprezzabilmente sopra lo zero dai 1000 ai 2000 metri di quota, possa permettere ad un'eventuale perturbazione atlantica in arrivo sulla Pianura Padana di scaricare precipitazioni nevose sino al suolo?
La risposta va trovata osservando l'umidità di quello strato: si tratta di aria secchissima, con valori di dew point abbondantemente negativi. Il vapore acqueo portato con sé dalla perturbazione provvederà a saturarla, provocando un conseguente crollo della temperatura. Ciò è dovuto semplicemente al fatto che l'umidificazione di un volume d'aria secco (per evaporazione di particelle d'acqua) è un processo fisico che sottrae calore al sistema.
Questo discorso deve però fare i conti con le eventuali avvezioni d'aria fredda e con i richiami d'aria calda che entrano in gioco durante il transito di una perturbazione. A questo punto l'analisi si complica di parecchio, in quanto una previsione del bilancio termico totale risulta estremamente difficile e spesso variabile in funzione dei diversi microclimi locali. Relativamente all'episodio che stiamo analizzando, possiamo dire che non è intervenuta alcuna avvezione fredda nei medio-bassi strati e che il richiamo meridionale d'aria umida (più calda), diretta conseguenza della depressione al suolo formatasi sul Mar Ligure, non è stato troppo incisivo. La natura abbastanza mite dell'aria in ingresso dal Golfo Ligure ha tuttavia impedito che le precipitazioni cominciassero da subito a carattere nevoso, specialmente nelle zone meridionali della Provincia più esposte a tali correnti.

Passiamo ora all'analisi della diretta responsabile di questo episodio nevoso, peraltro assolutamente imprevisto da quasi tutti i modelli matematici se non fino a solo tre giorni prima dell'evento.
Una stretta saccatura, portatrice di aria polare marittima molto fredda in quota (nucleo di -36/-38°C a 5200 metri circa), è prevista affondare rapidamente nella Francia orientale, spingendosi sino nel Mediterraneo:

La saccatura in entrata nel Mediterraneo come prevista da BOLAM (BOlogna Limited Area Model) per le ore 19 locali del 18 gennaio 2005
La saccatura in entrata nel Mediterraneo come prevista da BOLAM (BOlogna Limited Area Model) per le ore 19 locali del 18 gennaio 2005: sono riportati i valori termici e di geopotenziale alla quota di 500 hPa. Fonte: Meteoliguria

Nulla di eccezionale, ma abbastanza per pilotare una moderata perturbazione in veloce transito sulle nostre regioni.
Bisogna puntualizzare subito che la traiettoria eccessivamente settentrionale del fronte freddo in arrivo lasciava inizialmente molte perplessità sulla consistenza delle precipitazioni. In questi casi, infatti, la parte più attiva della perturbazione, impattando contro l'imponente catena alpina, rischia di restare quasi interamente confinata oltralpe, lasciando quasi del tutto a secco la Pianura Padana occidentale. Ed era proprio quello che stava per succedere! Per fortuna però, come vedremo in seguito, la particolare natura della saccatura ha giocato un ruolo decisivo per la caduta della neve in quantità più apprezzabili.
Senza addentrarsi troppo negli aspetti meteorologici più tecnici, possiamo riassumere che l'improvviso cedimento dei valori di geopotenziale a 500 hPa, nonché la notevole avvezione d'aria fredda in quota, ha rapidamente attivato una zona di instabilità sulle nostre regioni, arrivando persino a generare intorno alle ore 19 una linea pseudo-temporalesca che ha attraversato quasi tutta la Lombardia da Ovest ad Est. Chi ha seguito in diretta le scansioni radar delle precipitazioni (ancora disponibili nel nostro Archivio), ha potuto notare molto bene quanto appena descritto.
La seguenti carte sinottiche della pressione al suolo e dei fronti ci permettono di chiarire ulteriormente la situazione:
 (12Z) ORE 13 LOCALI
(18Z) ORE 19 LOCALI 
Mappe al suolo HIRLAM per le ore 13 e 19 locali
Mappe al suolo HIRLAM per il giorno 18, ore 13 e 19 locali: il fronte freddo in arrivo viene spaccato in due dalle Alpi; formazione di un minimo pressorio sul Golfo Ligure con occlusione sulla bassa Lombardia. Fonte: KNMI

Il fronte freddo associato alla perturbazione (la linea blu con i triangoli) procede verso Est-SudEst: raggiunto in prossimità della catena alpina esso si scinde in due rami: il ramo inferiore viene ora pilotato dal minimo di natura orografica formatosi sul Golfo Ligure: tale circolazione depressionaria convoglia quindi in Pianura Padana aria umida da Sud-Est (notare il fronte caldo, la linea rossa con i semicerchi). Mentre nei bassi strati le correnti risultano quindi prettamente meridionali, in quota persistono invece forti correnti Nord-occidentali. Col passare delle ore, quest'ultime porteranno la perturbazione a traslare rapidamente verso Sud-Est, lasciando decisi squarci di cielo sereno già nelle prime ore del 19 gennaio.

In sintesi possiamo dire che la comparsa della neve sulle nostre regioni è stata, come spesso accade, frutto del sovrapporsi di più elementi favorevoli. In primo luogo la formazione di un consistente strato di nebbia ha raffreddato parecchio gli strati più bassi dell'atmosfera, permettendo ai fiocchi di raggiungere il suolo "intatti". In secondo luogo la particolare incisività della saccatura ha permesso la genesi di fenomeni di instabilità tipici più dei periodi primaverili che invernali, incrementando in modo consistente l'intensità delle precipitazioni, che sarebbero altrimenti risultate molto minori ed anche meno diffuse.
 
...continua nella SECONDA PARTE >>>


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